Attualità

Uomini che odiano le donne

Riflessioni metasemantiche sul ‘femminicidio’

L’assenza nel lessico italiano di un corrispettivo inverso al cosiddetto femminicidio indica evidentemente una casistica piuttosto bassa di donne che uccidono gli uomini. Dal punto di vista linguistico, ad ogni modo, si è diffuso il termine uxoricidio che etimologicamente, e non solo, andava a indicare l’assassinio della moglie (uxor in latino) e che ora denota l’omicidio del consorte per entrambi i sessi.

Come del resto è differente il significato di femminicidio e uxoricidio:

il femminicidio è considerato come “qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte” (Devoto-Oli, 2009).

E, quindi, vi è alla base un sentimento di odio verso il genere femminile. L’uxoricidio, invece, si lega inevitabilmente a tradizioni tribali e al concetto di delitto d’onore che permetteva al marito o al padre di uccidere moglie o figlia se la reputazione e il buon nome della famiglia venivano infangati.

Nella diatriba, che è molto più che meramente linguistica, il termine femminicidio, se analizzato bene, mostra un significato tendenzialmente dispregiativo. Femmina indica, infatti, la donna adulta, per lo più con senso peggiorativo o con riferimento all’aspetto fisico.

Si dovrebbe quindi preferire “ginecidio”, dal greco gyné/gynaikòs.

Va, inoltre, considerato che questo tipo di violenze avvengono perché la donna si ribella al ruolo che le viene imposto di moglie, madre, figlia.

Al di là della terminologia ha senso sottolineare il sesso di una vittima? È sessista o è necessario per rimarcare la gravità di una tragica escalation?

Lemmi che cambiano anche se non cambia però la violenza nei confronti delle donne. Nonostante le battaglie culturali, in Italia solo nel 1981 è stata approvata una legge che vietasse il delitto d’onore. Per una donna uscire da sola dopo una certa ora è ancora troppo rischioso, i salari sono spesso diversi per uomini e donne che svolgono lo stesso lavoro, ed è ancora difficile per una lavoratrice dividere i compiti della casa con il proprio compagno.

Siamo, dunque, ancora lontani da una rivoluzione culturale per la parità di genere e che metta fine a un fenomeno, quello del cosiddetto “femminicidio”, preoccupante e in crescita.

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Pari opportunità?

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Le donne e gli uomini italiani hanno più o meno le stesse opportunità, peccato non si possa dire lo stesso dei loro salari. L’Italia riesce comunque a risalire la classifica mondiale della parità di genere, restando però tra i Paesi con minore partecipazione femminile nel campo economico e tra quelli con le maggiori disparità salariali. Per il rapporto del ‘Global Gender Gap’, pubblicato dal World Economic Forum, il Belpaese si piazza al 69esimo posto, su 142 Paesi presi in considerazione, guadagnando solo due posizioni rispetto allo scorso anno. Tra le stime del Wef anche le quote rosa parlamentari: il nostro Paese avanza ottenendo il 37esimo gradino, grazie anche alle cariche ministeriali. I migliori restano gli Stati del nord Europa: Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia e Danimarca sono i primi cinque al mondo. La Germaniainvece spicca al 12esimo posto mentre la  Francia risale, addirittura, dal 45esimo al 16esimo. Migliorano anche gli Stati Uniti che quest’anno risultano 20esimi. Fanalino di coda si conferma ancora una volta lo Yemen.

Per raggiungere però il 100% dell’uguaglianza “ci vorranno 81 anni”.

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