Le cronache di Alice

Alice nel non meraviglioso paese delle varianti

“Che roba! Roba dell’altro mondo! Tutto il mondo, oggi, è roba dell’altro mondo! E pensare che fino a ieri le cose avevano un capo e una coda!

In questo gennaio che si perde in quel flusso partito nell’inverno 2020 Alice ha i suoi dubbi: “E se mi avessero scambiata stanotte? Vediamo un po’: stamattina, quando mi sono svegliata, ero proprio la stessa? Mi sembra di ricordare che un po’ diversa mi sentivo, sotto sotto. Ma se non sono la stessa, allora domando e dico: Chi sarò mai allora? Ah, questa sì che è una domanda da centoventidue milioni!”.

Alice cambia ogni giorno e ogni tot giorni teme i cambiamenti del suo corpo. Ad esempio ogni tre starnuti pensa di aver perso gli Hunger Games Pandemici (come dice @Dueditanelcuore), uscire indenni da questa pandemia senza aver preso la Covid (o averne quanto meno la certezza).

Qui non è Wonderland, siamo chiamati ad adattarci in continuazione a colpi di decreti e varianti dalle intriganti nomenclature greche.

C’era già arrivato Eraclito molti secoli prima con il suo Panta rei, abitiamo il cambiamento. Sappiamo anche grazie a Darwin che il cambiamento è evoluzione e quindi miglioramento ma ecco… per gradi e qui è tutto troppo veloce e repentino.

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Il tampone sta agli ansiosi come il fumo al Brucaliffo.

Alice certi giorni pensa di essere in ritardo come le griderebbe il Bianconiglio, certi altri pensa che il Cappellaio Matto fa bene a fregarsene del tempo.

Alice è un po’ confusa perché ha bisogno di un sistema da cui evadere e non che tutto sia caos.

“Come mi confondono tutti questi cambiamenti! Non so mai di preciso cosa potrei diventare da un momento all’altro.”

Che poi c’è un lasso di tempo variabile tra un cambiamento e l’altro (sia personale che governativo) che spesso è un limbo limoso.

Alice dovrebbe evitare le crisi personali in tempo di pandemia che è già un casino districarsi tra le regole e le zone colorate.

Solo le temperature più miti e i vaccini ci permettono di vivere decentemente questa fase 4 di sorrentiniana memoria ma la ripartenza tentenna, tra precauzioni, quarantene e blackout emotivi.

Il lockdown è però uno stato mentale.

La fase 5 (?) tarda ad arrivare, forse nel 2023 (?).

“Se l’inverno è qui, può la primavera essere lontana?” declamava Percy Shelley.

Ps: per i più prosaici invece c’è sempre Marina Rei.

Cover – Photo by Alena Shekhovtcova

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Il peso specifico delle parole, Luce letteraria

Rebecca Solnit ci insegna a ritrovare la nostra voce

Le parole possono essere piccoli fuochi dai quali trarre conforto per questo Rebecca Solnit ha deciso di usare la sua vita come se fosse un case study.

Ricordi della mia inesistenza è un memoriale, un manifesto, una lunga confessione in cui spiega come la scrittura sia stata fondamentale per ritrovare il suo io e vincere l’autonegazione. Attraverso le sue parole ci incoraggia poi a dar fiato alla nostra voce.

Parlare a voce alta è un atto di resistenza e sebbene le ferite siano sempre dolorosissime quanto personali la risposta per Solnit deve essere globale, grazie al cambiamento epocale e pubblico portato dal femminismo.
Parlare però, è molto di più che possedere semplicemente la capacità animale di emettere suoni, per poter far parte del cambiamento serve udibilità (le persone possono sentirti), credibilità (le persone sono disposte a crederti) e conseguenze (le tue parole hanno un effetto).

Come combattere allora la sensazione di inesistenza?

Trovare la propria voce, avere una voce, entrare a far parte della vita pubblica, richiede una profonda solitudine, esistere in altri regni, tempi e vite, cioè leggere.

Leggi l’articolo completo sul magazine Virgola

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Senza categoria

Come vivremo domani?

Come vivremo domani. Aperta e profetica è la domanda che il curatore, l’architetto libanese Hashim Sarkis, ha scelto prima della pandemia per la 17ma Biennale d’Architettura.
“Come”, sottolinea la necessità di approcci pratici e soluzioni concrete, il “live” sottolinea l’importanza di vivere e non solo transitare su questa Terra mentre la scelta del plurale rappresenta l’importanza della collettività.
Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso – scriveva il poeta inglese John Donne – Ogni uomo è un pezzo del Continente, una parte della Terra”.
La campana è suonata e l’uomo deve rispondere.

Il punto di forza di questa Biennale è stata la commistione delle arti e dei mestieri: architetti e ricercatori, scienziati e artisti insieme per rispondere alle fragilità del 21° secolo.
Le minacce pandemiche, il cambiamento climatico e il crescente divario tra lavoro e capitale, ci costringono infatti a ripensare tempo e spazio.
Ma perché proprio l’architettura dovrebbe farsi carico delle sfide di oggi?

L’architetto si divide tra teoria e pratica, coordina destreggiandosi tra competenze diverse ed è sempre connesso all’ambiente circostante.
Il critico britannico John Ruskin aveva definito l’architettura come l’arte “tipicamente politica” e
già il filosofo greco Aristotele insisteva sulla sua capacità di immaginare potenziali modelli per vivere insieme. Oggi, sotto la spinta delle urgenze del nostro tempo sappiamo che serve un nuovo “contratto spaziale”, dobbiamo cioè accordarci per ripensare lo spazio in cui viviamo.

Le cinque aree tematiche della mostra, come è tradizione, sono state allestite negli spazi
dell’Arsenale e al Padiglione Centrale dei Giardini. Hashim Sarkis ha parlato di “scale” perché mettono a fuoco i grandi temi del nostro tempo dalla scala più piccola, quella dell’individuo, a quella più ampia del pianeta arrivando addirittura alle vastità spaziali che lo circondano.

Nella prima sezione, “Among diverse beeings”, si indagano i rapporti in essere.
Ad esempio il gruppo Libertiny ha creato in collaborazione con 60.000 api un busto di Nefertiti.

Questo busto da 46.000 euro della regina Nefertiti chiamata "Eternità" è  stato creato dall'artista Tomáš Libertíny e da 60.000 api

Allo stesso modo The Living prosegue con la linea del design naturale realizzando un ambiente sia per
microbi che esseri umani, Studio Pearson and Charlesworth invece si distacca completamente immaginando un futuro ultra tecnologico dove saremo costretti a potenziarci fisicamente e
chimicamente per rimanere competitivi.

Nel futuro anteriore come nel prossimo servono spazi in cui possiamo generosamente vivere insieme: insieme come esseri umani che, nonostante il crescente individualismo, desiderano e necessitano connettersi tra loro e con altre specie attraverso lo spazio digitale e quello reale.
La seconda sezione della Biennale esplora le case che si devono adattare a nuove forme di convivenza.

Comunità e funzionalità sono le parole chiave che accompagnano anche Alison Brooks che con “Home ground” gioca invece con la spazialità dei piani. L’architetta inglese immagina un ipotetico complesso abitativo servendosi di un plastico esploso, gli edifici diventano sistemi semi pubblici interconnessi, mentre le fabbriche private fluttuano in semitrasparenza in una zona “inaccessibile” della città.

Nel climax ascendente il tema delle comunità emergenti ci costringe a ripensare al concetto stesso di città, non più come un sistema verticale che risponde a vecchi schemi classisti ma una serie di realtà sulle stesso piano, indipendenti ma interconnesse e ovviamente inclusive.
È la filosofia dietro il lavoro di Miralles Tagliabue EMBT, lo studio che ha progettato gli appartamenti di Centr’Halle a Parigi: le terrazze sono spazi condivisi, al pian terreno il mercato alimentare è concepito per l’integrazione sociale e sul tetto c’è l’orto condominiale.

17. Mostra Internazionale di Architettura Biennale di Venezia 2021: 5  parole chiave e 5 opere da non perdere - di Maria Teresa Filetici -  presS/Tletter

Un discorso, quello abitativo, che non prescinde i materiali. Un secolo fa il calcestruzzo aveva rivoluzionato l’assetto della casa influenzando la disposizione ma anche la concezione della privacy all’interno dell’ambiente familiare.
I nuovi materiali e le nuove tecnologie spingono anche oggi gli architetti a reinventare le abitazioni, ad esempio sfruttando risorse sintetiche come le fibre di vetro e carbonio.

La simbiosi tra uomo e natura è importante ma spesso è l’equilibrio tra gli esseri umani ad
essere precario
. Proprio di fronte al Padiglione Italia dove finisce l’Arsenale, si stagliava l’opera realizzata con pali di legno grezzo dall’architetto cileno Alejandro Aravena, già curatore dell’edizione del 2016. Un’assemblea per ripristinare il dialogo tra Cileni e Mapuche ma anche per ricordarci l’importanza dello stare insieme.
Aravena ha inserito la domanda posta da Sarkis in un contesto più specifico, la faida che divide la sua terra da secoli, ma gli architetti sono chiamati a ragionare anche su territori in pericolo per motivi diversi.

City to Dust - Studio L A


L’attenzione per la comunità riguarda le persone ma anche gli spazi. La fragile bellezza di Venezia ha ispirato “City to dust”, un’installazione in continua evoluzione sull’impatto negativo del turismo. Sul pavimento in graniglia è raffigurata la mappa cittadina che i visitatori hanno dovuto calpestare per entrare nello spazio successivo causando continue rotture ad ogni passaggio.

Come si può vivere insieme se si è divisi da un confine? È la risposta che cerca di dare la sezione “Oltre i confini”. Non solo quelli nazionali ma anche quelli tra campagna e città, e all’interno di essa.
Ad esempio, lo studio Paola Viganò, cerca di definire la distanza tra la metropoli di oggi e quella futura per cercare di favorire l’integrazione.
Un margine sottile è quello che separa acqua e terra come dimostra Pinar Yoldas immagina un oceano privo di vita nel 2048.

Biennale Architettura 2021 | Pinar Yoldas

Qualcuno potrebbe pensare che l’architettura abbia giocato un ruolo minore in molti dei
contributi della Biennale. In realtà il mondo intero è il nostro spazio vitale e deve essere
preservato.

L’attenzione è rivolta quindi anche al nostro patrimonio naturale in via di estinzione.
Come l’Antartide: un territorio conteso, ricco di risorse naturali ma anche archivio planetario della nostra storia, come sottolinea il lavoro di Giulia Foscari e Unless.

Per quanto insondabili siano questi luoghi, il ruolo dell’architetto è quello di renderci consapevoli
della loro fragilità. Così come l’architettura li ha danneggiati, ora deve proteggerli legando i grandi valori ambientali con quelli interpersonali. Questo è stato l’obiettivo di molti padiglioni, come quello della Danimarca e degli Emirati Arabi che ha anche vinto il Leone d’oro.

Come vivremo domani allora?
Ancora non lo sappiamo ma quel che è certo è dopo questa Biennale gli architetti di tutto il mondo proveranno a rispondere alla domanda di Sarkis ogni giorno.

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7 serie tv da vedere

7 serie tv da vedere quest’estate perché i fan, quelli veri, le guardano sempre. Non solo d’inverno o in lockdown.
Anche se vorrai uscire fuori a goderti la vita vera, sappiamo che la socialità a volte può essere estenuante, specialmente quando non hai fatto molto in, tipo, un anno intero.
Siamo tutti d’accordo che, da soli o in compagnia, certe sere che fa troppo caldo, il modo più semplice per rilassarsi e divertirsi, è accendere l’aria condizionata e guardare una nuova serie TV.

Qui trovi la mia selezione per Vita su Marte.

Un piccolo spoiler vale la pena il clic fosse solo anche per lui… quanto sono “Oh my God” le interpretazioni al piano di Tom Ellis, come questa di Wicked Game?

Hotland: dove anche l'occhio ottiene la sua parte – Lucifer Morningstar
Lucifer

Photo by Amy Shamblen on Unsplash

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Luce letteraria

Prêt-à-Lire, i libri di moda

A tutti gli stilosi: un commento sul vostro vestiario troppo curato in ufficio/bar/scegli tu vi ha fatto venire voglia di dar quattro schiaffi (morali si intente eh) ai vostri interlocutori?

Vi piacerebbe tirare un pippone stile Miranda Priestly o semplicemente saperne di più?

Se invece non avete un motivo leggete comunque l’articolo e lo troverete.

Ecco qui qualche lettura che potrebbe aiutarvi nella suddetta impresa e che ho selezionato per Vita su Marte!

*** I libri vanno letti e non lanciati, la direzione declina ogni responsabilità ***

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Cinema, portfolio

Cinema, amore e fantasia

Ci sono film che potremmo guardare all’infinito, ognuno ha i propri rifugi su pellicola.

Personalmente ho fatto sempre fatica a individuare un preferito di ogni cosa, IL FILM, L’AUTORE, IL LIBRO etc…

Se c’è una cassetta* che ho consumato… be’ è quella di CASABLANCA.

So le battute a memoria ma arrivo alla scena dell’aeroporto con un’insana sensazione, come se non conoscessi il finale, come se potesse cambiare alla millesima visione, finisco con la solita considerazione (attenzione spoiler) si saranno ritrovati a Parigi alla fine della guerra.

7 POSTI a MILANO per dirsi ADDIO - Milano Città Stato

Si saranno ritrovati oppure no?

Perché c’era la guerra e perché forse come diceva Mariangela Melato: “i grandi amori finiscono sempre, perché altrimenti non sono grandi amori. Diventano altro, condivisione di una vita, mutuo soccorso”.

Potevo, quindi, non includerlo in un articolo sui film d’amore?

L’amore è probabilmente il soggetto più popolare di tutte le storie.
Tenero e sincero, oppure consumante e folle, reciproco o non corrisposto.

È uno dei temi cardine delle pellicole da sempre. Del resto, le relazioni romantiche facilitano l’immedesimazione del pubblico, grazie anche ad altre sottotrame.

Come scriveva Virgilio:

 L’amore vince tutto, e noi cediamo all’amore.

Ecco allora 8 film – nuovi e vecchi – che rappresentano ognuno un modo diverso di amare e di raccontare l’amore.

Continua a leggere il mio articolo su Virgola – Il Magazine de Il Melograno

*cassetta, VHS per gli anglofoni su territorio italiano, per la Gen Z e oltre il progenitore del dvd che lo è poi dello stream etc

In copertina: foto di Jackie Matthews 

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Luce letteraria, portfolio

Guida galattica per femministi in 16 libri

La scrittura ha dato da sempre alle donne il potere di esprimere le proprie idee e i propri sentimenti e quindi di sfidare un sistema oppressivo e limitante.

Dal 1700 a oggi, la letteratura è costellata di opere spettacolari di narrativa, teoria e critica che ruotano tutte attorno a una cosa: il femminismo. Questa è una guida (parziale) sia per chi cerca di rispolverare i primi giorni del movimento, sia per chi vuole farsi ispirare dalle eroine della causa o testimoniare fino a che punto siamo arrivati (e quanto lontano ancora dobbiamo andare).

I libri di questo elenco vogliono essere uno spunto sul tema del femminismo. A partire dalle letture storiche – comprese quelle dimenticate o insospettabilmente vicine al tema – fino alle ultime uscite. Spaziando fra i generi e le forme: dal saggio al romanzo, dal ted talk al graphic novel.

Continua a leggere su Artribune.

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Photo by Daria Shevtsova
Luce letteraria, portfolio

12 libri per tempi incerti

La parola crisi deriva dal greco krisis che significa scelta. Saper distinguere, non a caso, è importante nei momenti di smarrimento personali o globali.  

Per affrontare incertezze e cambiamenti radicali, i libri sono degli ottimi alleati. Nei primi mesi della pandemia in molti hanno vissuto un blocco della creatività oppure non riuscivano più a leggere e a coltivare i soliti interessi.

Mi capita spesso di rimandare una lettura e di dare priorità a un libro perché il tema penso si confaccia di più al periodo o al mio umore. Magari ho più bisogno di spensieratezza, oppure per lavoro sto già leggendo molto di un certo tema e sento il bisogno di variare e quindi opto per un altro genere.


In base ai dubbi e ai desideri, alle mancanze e alle paure, orientiamo le nostre letture.

Ognuno ha le sue urgenze emotive a cui badare, anche e soprattutto in un periodo come quello che stiamo vivendo, fatto di slanci e false ripartenza ma ancora molto nebuloso.

Per questo ho selezionato per Artribune 12 libri per tempi incerti, tutti diversissimi, per sbloccare e rivitalizzare i sensi.

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Foto di anncapictures da Pixabay
Cinema, Luce d'arte, portfolio

5 film sul mondo dell’arte da (ri)vedere

Sono come una macchina che genera empatia”.

Così Roger Ebert definì i film, aggiungendo: “Noi siamo chi siamo. Dove siamo nati, come siamo nati, come siamo cresciuti. Siamo un po’ bloccati dentro quella persona, e lo scopo della civiltà e della crescita è essere in grado di raggiungere ed entrare in empatia con le altre persone”.

Il cinema ci offre un’immersione completa in un’altra realtà, portandoci in un’esperienza quasi fuori dal corpo e nella vita di qualcun altro, che è forse quanto di meglio si può desiderare in un periodo insolito come quello attuale. Mentre i musei piano piano riaprono in tutta Italia ma i cinema non hanno ancora una data di ripartenza, ecco cinque film incentrati sul mondo dell’arte: non i classici biopic o documentari ma pellicole recenti che trattano l’argomento in maniera più o meno tangente.

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Il peso specifico delle parole

Di cosa parliamo quando parliamo d’amore

Di cosa parliamo quando parliamo d’amore. Carver sintetizza la questione delle questioni. Quand’ecco che potrebbe fargli eco Auden:

La verità, vi prego, sull’amore.

Il nervo scoperto è proprio quello lì.

Quell’immateriale sensazione di cui tutti parlano, ispirazione da sempre di artisti come di comuni mortali.

Secoli di parole e immagini, teorie e negativi e ancora l’amore è un fenomeno a tratti incomprensibile. La matrice della sua impenetrabilità risiede nell’inevitabile casualità con cui si manifesta. Eppure c’è una fenomenologia sostanziale da cui non si prescinde. Che lo si voglia descrivere, dipingere o fotografare.

Qualsiasi piega prenda una storia d’amore la sintomatologia è simile. Almeno all’inizio.

Perché l’amore o è molesto o non è.

Elena Ferrante

Foto di Gabby K da Pixels

Assomiglia a un’attesa di qualcosa che non si sa spiegare, a una felicità improvvisa, a un baluginare continuo, a uno sfrigolio allo stomaco.

Quell’immaginario atemporale si piega ai versi, alle descrizioni più elucubrate e si compie nei volti di dipinti, statue e fotografie.

Poeti, pittori, fotografi di ogni secolo hanno provato a dare un volto all’amore.

Ancora di più oggi, è d’uso comune condividere foto d’amore. Complice la virtualizzazione del reale e la mania social. Se prima a immortale sguardi languidi e pose di coppie c’erano solo i fotografi dei matrimoni o qualche scatto rubato a feste ed occasioni speciali. Ora come ora diventa quasi un’azione quotidiana.

Abbiamo bisogno di rubare tempo al tempo, amore all’amore, di partecipare a un’estetica dei sentimenti?

In parte così si spiegherebbe l’intimità dei corpi, dei baci e degli abbracci che stanno costellando i social.

Abbiamo due possibilità per valutare questa tendenza, narcisismo nell’era social o un bisogno di agganciarsi all’amore e non-importa-come. Le possibilità non necessariamente si escludono.

Sono tempi complicati, il precariato esistenziale ci costringe ad adattarci in continuazione, ad avere un modello di vita sempre provvisorio e in perenne modificazione e riguarda ogni aspetto della nostra vita. In questo scenario altamente corruttibile sentiamo il bisogno di appellarci a qualcosa che possa essere il collante delle nostre crepe. Quel collante sembrerebbe essere proprio l’amore.

Perché sono le boccate d’aria rubate ogni tanto che ci permettono di andare in apnea nei momenti più difficili.

***precedentemente pubblicato su I like it magazine***

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